Famiglia per vocazione
cap. 4 Le "vocazioni" del matrimonio
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«La preparazione al matrimonio e alla famiglia non si può intendere se non in una visione della vita come vocazione » (PFMF 2).
« Creandola a sua immagine e continuamente conservandola nell'essere, Dio iscrive nell'umanità dell'uomo e della donna la vocazione, e quindi la capacità e la responsabilità dell'amore e della comunione » (FC 11).
« Senza la conoscenza e l'accoglienza del disegno di Dio sulla vocazione umana, sull'amore e sulla sessualità, la persona umana è come incapace di attingere la verità primordiale del suo io e del suo destino. Rischia di andare a tentoni, cercando se mai arrivi a trovarla, benché Dio non sia lontano da noi» (PFMF 2).
Questi riferimenti ci consentono di considerare le variabili e/o componenti che aiutano a scoprire e definire la vocazione al matrimonio.
Dopo la riflessione teologica, che per grandi cenni ha situato il sacramento del matrimonio nel solco del progetto di Dio sulla nuzialità, occorre ora indulgere sugli elementi che meglio aiutano a discernere la chiamata allo stato matrimoniale. Talvolta, infatti, pur se animati da buona volontà, e nel desiderio di porsi all'ascolto della voce del Signore che chiama, risulta un poco difficoltoso riuscire a discernere quale sia davvero la volontà e il progetto di Dio sulla propria vita.1 giovani, che pur in uno slancio di verità e di onestà si sentono spinti verso le più solide e vere costruzioni dell'amore - tra queste la famiglia e la vocazione di speciale consacrazione, sentite come impegni totali di vita - quali figli del tempo presente, vivono e avvertono, a volte, contraddizioni culturali e orientamenti ideologici che li disorientano, li turbano, li rendono perplessi ad assumere decisioni così gravi e coinvolgenti.
In loro possono subentrare sentimenti di sfiducia, di inquietudini, di vero e proprio timore, che li porta a chiedersi se valga la pena di impegnarsi definitivamente per il domani. La cultura del provvisorio produce infatti gli amari frutti dello scetticismo, del disimpegno, dell'evasione.
Ecco, allora il tentativo di descrivere alcuni tratti salienti e caratteristici di ciò che costituisce e soggiace al matrimonio cristiano, al fine di valutarne il significato e da questo dare una risposta il più possibile convinta, adulta, equilibrata, non emotiva alla domanda: Sono io chiamato al matrimonio, secondo il progetto di Gesù Cristo, come stato di vita permanente, in cui ritrovare il luogo della mia santificazione e della santificazione del mio partner?
Tuttavia, prima di procedere secondo l'obiettivo indicato, è doveroso premettere un'ulteriore considerazione in ordine a un'esigenza: l'atteggiamento e la disponibilità.
È tutta questione di disponibilità e di atteggiamento.
Qualsiasi argomento che si voglia affrontare, qualunque progetto che si voglia esaminare con serietà, soprattutto in merito alla severità della scelta, va affrontato con la disponibilità che fu del piccolo Samuele: « Parla, o Signore! Il tuo servo ti ascolta».
Occorre mettersi in religioso ascolto della Parola di Dio creando momenti di silenzio per leggere, ascoltare, meditare, contemplare la Parola del Signore. Si tratta di accogliere il Vangelo del matrimonio e della famiglia nella sua purezza ed integrità. Bisogna saper personalizzare la Parola aprendole il nostro io, il nostro cuore.
Allora, a somiglianza del seme della parabola evangelica, scesa nel più intimo del nostro io, la Parola silenziosamente opera, trasformando la terra arida dei nostri egoismi in terra generosa che produce molto frutto. È uno scavo profondo, implacabile e - al tempo stesso - liberante: mette a nudo la parte più intima e segreta della nostra vita, affinché l'azione santificante di Cristo e del suo Spirito possa svilupparsi pienamente.
Questa azione personale della Parola - se fatta in sintonia con la Chiesa e il suo magistero - diventa attiva e contagiosa.
Il progetto di Dio sul matrimonio e la famiglia ha un unico codice decodificante: la sua Parola. « La Chiesa è profondamente convinta che solo con l'accoglienza del Vangelo trova piena realizzazione ogni speranza che l'uomo legittimamente pone nel matrimonio e nella famiglia» (FC3).
Questo cammino della lecito divina necessita inoltre di silenzio e di preghiera. Un itinerario di fede per il discernimento della propria vocazione, anche in ordine al sacramento del matrimonio, non può non essere anche una esperienza graduale e progressiva di preghiera.
Paolo VI, nel discorso tenuto a Nazareth il 5 gennaio 1964, ebbe a dire: « Oh! se nascesse in noi la stima del silenzio, atmosfera ammirabile e indispensabile dello spirito: mentre siamo storditi da tanti frastuoni, rumori e voci clamorose nella esagitata e tumultuosa vita del nostro tempo. Oh! silenzio di Nazareth, insegnaci ad essere fermi nei buoni pensieri, intenti alla vita interiore, pronti a ben sentire le segrete ispirazioni di Dio e le esortazioni dei veri maestri. Insegnaci quanto importanti e necessari siano il lavoro di preparazione, lo studio, la meditazione, l'interiorità della vita, la preghiera che Dio solo vede nel segreto ».
E il papa Giovanni Paolo II nella Lettera Apostolica ai giovani e alla giovani del mondo (1985) scrisse: « Io vi chiedo di non interrompere il colloquio con Cristo in questa fase estremamente importante della vostra giovinezza; vi chiedo, anzi, di impegnarvi ancora di più. Quando Cristo dice seguimi, la sua chiamata può significare: ti chiamo ad un altro amore ancora; però molto spesso significa: seguimi, segui me che sono lo sposo della Chiesa; vieni, diventa anche tu lo sposo della tua sposa, diventa anche tu la sposa del tuo sposo... Molto dipende dal fatto che voi - anche su questa via - seguiate il Cristo ».
IL MATRIMONIO: VOCAZIONE ALL'AMORE
Potrebbe apparire superfluo, o quanto meno scontato il fatto che, scrivendo di vocazione al matrimonio si ritenga di dover far cenno anche al matrimonio come vocazione all'amore coniugale. Eppure, se ci si guarda un poco intorno, si può osservare - in misura sempre più preoccupata e preoccupante - quanta opacità, quanta confusione, quante interpretazioni riduttivistiche ruotano attorno alla parola più usata e più abusata del mondo: l'amore, appunto.
Può capitare che quando un uomo e una donna si incontrano, si sentano irresistibilmente e reciprocamente attratti l'uno verso l'altra. Questo iniziale e primitivo movimento o dinamica interpersonale non va confuso con l'amore. Ciò, infatti, è fenomeno autonomo, indifferente e sordo che risponde in prima istanza a stimoli esteriori, a sensazioni fisiche, ad attrazione che fanno da supporto alla immedesimazione affettiva.
Non si può - ovviamente - parlare ancora di amore. È passione è desiderio, impulso e inclinazione intima, movimento e inclinazione naturale che trova quiete nell'incontro con l'altro desiderato. Tale movimento si manifesta in modi vari e indefiniti come risposta personale e irripetibile di ogni individuo nel complesso psicologico delle emozioni e sensazioni e di ciascun soggetto, nel contesto di una polivalente realtà.
Si potrebbe forse parlare di innamoramento che conosce, di norma, queste tappe:
- adattabilità del desiderio al bene desiderato,
- simpatia, quale prosecuzione del desiderio,
- armonia e intesa affettiva con il bene desiderato.
L'innamoramento, infatti, è il processo graduale, ma incontrollato, assoluto e profondo, sempre nuovo e differente che sospinge un uomo verso una donna, con il desiderio di incontrarsi per comunicare. È il razionale seduttore che conosce solo la logica della irrazionalità.
Si potrebbe descrivere questo momento come amore-passione dove vi è una certa opacizzazione dell'amore vero e una primitiva attrazione dei sensi. La donazione che colui che "ama" fa di sé non è reale. Si potrebbe dire che un tale sentimento crea un'illusione d'unione che lascia due esseri estranei e divisi; quando una tale illusione svanisce, essi si sentono più estranei di prima e forse con qualche disagio in più.
Una tale situazione, pur se inizialmente inevitabile, e anzi, in qualche modo, necessaria al fine di una potenziale elettività, non può rimanere insoluta.
La embrionale convergenza tra potenza sensitiva e potenza intellettiva per la possessione gioiosa del bene desiderato, in un paziente e graduale itinerario, deve condurre al completamento della dinamica dell'innamoramento.
È impensabile, infatti, un innamoramento a oltranza, un innamoramento permanente che sfuggirebbe a quella assunzione di responsabilità di un dono reale della stessa persona fatto all'altra, di un dono fatto in tutta la sua totalità e assolutezza.
Scrive Maritain: « La persona è innanzitutto e principalmente spirito ed è anche come spirito che essa si da, innanzitutto e principalmente, dandosi tutta intera. Quanto più lo spirito si eleva al di sopra della carne, tanto più l'autentico amore, nella sua forma estrema, si eleva al di sopra dell'amore-passione » (in Amore e amicizia).
Esso è una scelta cosciente che implica anche la ragione e la volontà. Solo in quest'orizzonte si può parlare di evento elettivo; ed è proprio questa la sostanziale diversificazione che corre tra innamoramento e amore.
L'amore coinvolge tutto l'uomo.
Il primo - dicevamo - come processo incontrollato, profondo, in un certo senso irrazionale. Il secondo come evento elettivo, personale e libero, di quella piena libertà inferiore che è scelta e decisione responsabile.
L'amore - per dirla con E. Fromm - si fa così arte: l'arte di amare, l'arte di donare, l'arte di sentirsi vivi, perché « dare da più gioia che ricevere, perché non è privazione, ma perché in quell'atto mi sento vivo ». L'autore citato sopra, nel suo libro L'arte di amare, dopo aver rivelato la positività del sentimento dell'amore ne ridefinisce una immagine di attività e di potenza, di vitalità e di ricchezza, di dono.
E. Mounier sostiene questo concetto e questo valore di amore invitando a guardare a questo sentimento nobilissimo come:
- uscire da sé per diventare disponibili agli altri. Solo colui che ha liberato se stesso rinunciando a sé e al proprio egoismo può concorrere alla liberazione degli altri e del mondo. E questo è amore;
- comprendere: transitare, cioè, dal proprio punto di vista per porsi dal punto di vista dell'altro, non cercando nell'altro un altro se stesso, ma un abbraccio, un atto di accettazione, di fusione, pur nella propria singolarità personale;
- prendere su di sé: assumere il destino, le sofferenze, le gioie, il dovere dell'altro, in una piena partecipazione di solidarietà, pur senza tuttavia sostituirsi all'altro, senza voler rendersi "'salvatore" dell'altro, ma consentendogli il debito e legittimo spazio di itinerario e di autonomia senza atteggiamenti manipolativi;
- dare: dare con generosità o gratuità senza speranza di ricambio, in una economia di offerta, non di calcolo o compensazione; la generosità dissolve l'opacità e annulla la solitudine del soggetto, anche quando non trova risposta. È qui il valore liberante del perdono e della fiducia;
- essere fedele: l'avventura della persona è una dinamica che va dalla nascita alla morte. Fedeltà e amore sono perfetti solo nella continuità, che è un rigenerarsi continuo, dove l'oggi contiene meno del domani.
A ben vedere l'amore è voler amare; è ridecidere ogni giorno e ogni momento. L’amore non è mai pienamente raggiunto, mai perfetto, sempre perfettibile. Ogni giorno si ridefinisce volontariamente; ogni giorno si rinnova la scelta pur nella novità dei suoi possibili cambiamenti, nella ri-accettazione del bene amato.
Un tale amore, una tale arte d'amare comporta inevitabilmente una predisposizione psicologica e spirituale al sacrificio. Una visione robusta e autentica dell'amore non può escludere il sacrifìcio allo stesso modo che il sacrificio non può escludere l'amore. Qui il termine sacrificio non è inteso nell'accezione pressoché comune del sacrificarsi, mortificarsi, rinunciare; in questo contesto esso risponde alla sua etimologia che chiarifica il senso dell'offrire ciò che si ha di più sacro.
L'amore grande è proprio di colui che è disposto a offrire la propria vita. Occorre - a tal fine - rieducare l'amore nella dinamica del sacrifìcio/offerta. Si tratta di assumere la relazione uomo-donna come simbolo di reciproca offerta. Un'offerta totale, incondizionata, irreversibile, indissolubile, fedele di corpo e spirito. È una questione di itinerario verso l'adultità, l'equilibrio, la maturità della persona e tra persone. È un cammino che fonda la sua speranza e le sue attese - lo diremo ancora - su un rapporto sempre più profondo con sue certe assunzioni di responsabilità, certe scelte hanno senso solo se attuate all'interno di un cammino di fede e quindi di disponibilità all'azione dello Spirito Santo. Per questo occorre pregare, occorre un confronto e un sostegno che proviene dalla Parola di Dio e dai sacramenti, soprattutto dal sacramento della riconciliazione e dell'Eucaristia.
Non si può dimenticare che la fonte dell'amore è lo Spirito di Dio, perché Dio è amore.
IL MATRIMONIO: VOCAZIONE ALL'INTER-PERSONALITÀ
Non appaia fuorviante se si asserisce che vocazione al matrimonio significa anche vocazione a essere pienamente uomo e donna. Fondare il matrimonio sulla vocazione, sulla libertà, sul primato della persona significa riconoscergli quella natura di strumento di comunione e di maturazione personale che sono la struttura portante dello stesso istituto del matrimonio
Diviene allora indispensabile accantonare la pervicace concezione del matrimonio come fine-termine di qualche cosa per riguadagnare il senso dinamico di progetto di vita, perseguito mediante una comunione d'amore in cui ci si riconosce pari: l'uno e l'altra soggetti di un processo comune di crescita che non consente strumentalizzazioni di sorta.
La sessualità appare qui in tutta la propria ampiezza e pienezza di strumento espressivo della globalità della persona e insieme di segno della propria totale disponibilità.
L'arricchimento interpretativo ci giunge direttamente dal magistero del papa Giovanni Paolo II: « Occorre ritrovare continuamente in ciò che è erotico il significato sponsale del corpo e l'autentica dignità del dono... Se non si assume tale compito... l'uomo, maschio e femmina, non sperimenta quella pienezza dell'eros che significa lo slancio dello spirito umano verso ciò che è vero, buono e bello » (13 novembre 1980).
Tutto ciò non può avvenire se non in una prospettiva di durata: non si esauriscono infatti le potenzialità pressoché infinite dell'amore nei soli giorni della passione iniziale; né può considerarsi concluso un cammino soltanto per gli ostacoli che possono sorgere nel suo corso. Anzi: il confronto delle personalità - che è stimolante e costruttivo — se si attua nella reciproca accoglienza, nel rispetto reciproco, nell'accettazione delle differenze complementari, ha bisogno di tempo, di occasioni, di comuni scelte per farsi comunione sempre più profonda e mai del tutto consumata
Riscoprire questa valenza del matrimonio, come rapporto interpersonale privilegiato fra uomo e donna può anche significare dare una diversa base agli aspetti giuridici, religiosi e istituzionali che lo regolano, intendendoli non più e non solo come un intervento esterno della società a difesa di certi propri diritti, ma piuttosto come strumenti di salvaguardia e in modo particolare di promozione delle qualità intrinseche del matrimonio come servizio alla persona.
Quando la comunità matrimoniale diventa davvero servizio alla persona?
È arduo e complesso tentare di dare delle risposte applicabili alle differenti situazioni. Occorre privilegiare la strada - anche se più lunga - della descrittività delle relazioni che di fatto si creano all'interno della coppia
Diventare coniugi è un cammino che non può non prevedere continui mutamenti di equilibrio e di maturazione al fine di pervenire a quella che opportunamente si definisce comunità familiare. Nel periodo dell'innamoramento e dell'amore iniziale l'unità appare facile; vi è grande omogeneità di vedute, di valutazioni, di interessi, di disponibilità.
L'aggressività e la conflittualità sono praticamente assenti. Perché? Perché la motivazione di fondo è supportata dal bisogno-di-stare-insieme. Molto spesso si sta con, perché si è incapaci di stare senza.
Ovviamente questo modello di dipendenza non può aiutare le persone. La crescita sarebbe così bloccata. È indispensabile - nell'itinerario arduo e complesso del crescere - scoprire la propria sana autonomia che è capacità di essere pienamente se-stessi-sempre: a ogni livello. Una differenziazione di comportamento, non significa meno-bene; il vedere le cose in ottica personale, non vuoi dire meno amore.
È solo in questo orizzonte che assume significato vero il concetto di comunione coniugale, che si realizza nella accettazione fiduciosa delle differenze e delle autonomie individuali, nell'accettazione del confronto e delle diversità, nell'ascolto reciproco.
La vera comunione coniugale è frutto della maturità e della responsabilità delle persone che hanno superato la paura di essere abbandonate. Relazioni di questo tipo fanno della famiglia un luogo di crescita e di promozione autentica.
La via regia è ancora il cammino dell'amore. Un amore che si snoda da un amore-da- deficienza, per il quale il partner viene percepito come conferma ai propri bisogni, per giungere a un amore-per-l'essere, che riconosce l'esistenza dell'altro nella sua unicità e irripetibilità. L'altro da accogliere per quello che è, e non per quello che mi può dare. Non ti amo perché mi fai star bene, ma perché ti accolgo come sei e voglio il tuo bene.
La comunità coniugale cristiana, se vuole rispondere alla sua vocazione e al suo compito deve diventare scuola d'amore; l'amore è segno credibile e rimando comprensibile al Dio che è amore.
Quali sono gli obbiettivi didattici, a medio e a lungo termine, di questa scuola d'amore al fine di maturare una autentica vocazione all' inter-personalita?
L'economia di questo sussidio non permette una trattazione esaustiva di un tema tanto appassionante e vasto; saranno qui sufficienti alcuni accenni descrittivi, che suppongono, comunque, un approccio sistematico e paziente, coraggioso e obiettivo.
La comunione inter-personale suppone una serie di accettazioni reciproche e scambievoli:
1. Accettazione delle differenze complementari. È l'accettazione dell'essere uomo, dell'essere donna con tutto ciò che questo significa in ordine alla psicologia della persona: temperamento, carattere, sentimento, affettività, indole, interessi, attitudini, valori... Si tratta di saper accogliere e accettare il partner per quello che è, per ciò che ha.
2. Accettazione della memoria storica. E l'accettazione del vissuto e del bagaglio culturale e storico dell'altro/a. Accoglienza, quindi della vita vissuta fino al momento dell'incontro di relazione: l'educazione, la cultura, il modo di considerare le cose, il valore religioso, i progetti, le aspirazioni, i desideri. Nella consapevolezza che, fondamentalmente, i tratti significativi appresi nella loro dimensione storica, non subiranno grandi mutamenti.
3. Accettazione della persona nella sua originalità irripetibile. È l'accettazione della persona come personale universo. Accogliere, cioè, quella persona come unica, come la sola a cui dare il proprio amore, la propria attenzione, la propria premura, il proprio rispetto. Ancora: a fronte di una responsabile scelta, occorre che vi sia la consapevolezza che non è possibile scegliere altri che quella persona per amarla e onorarla finché morte non separi e ad essa consegnarsi, donare, cioè, se stessi, la propria vita, la propria realtà più intima. Se non è scontata la capacità di darsi all'altro, non lo è neppure la disponibilità a ricevere l'altro.
Tra le modalità strumentali, nelle quali si concretizza l'intenzionalità di accettazione, di accoglienza e di comunione dei partner un valore del tutto speciale ha la comunicazione, al punto tale che la qualità della comunicazione e del dialogo rivela lo stato di salute di una coppia in relazione.
Non dovrebbe creare difficoltà accettare il fatto che per accogliersi davvero è indispensabile conoscersi. E per conoscersi è altrettanto indispensabile rivelarsi: parlare di sé, autorivelarsi, comunicare le proprie idee, i propri interessi; esprimere i valori in cui si crede, le proprie speranze, le proprie attese... Parlare delle proprie convinzioni, del proprio passato, dei propri progetti, dei propri modi di vedere le cose... La reciproca autorivelazione diventa così occasione di conoscenza scambievole tra i partner e rende interessante il rapporto, ponendolo al riparo dalla noia, dalla monotonia, dall'abitudine.
Per giungere a un tale traguardo occorre superare alcune paure o timori:
- il timore di essere fraintesi,
- il timore di essere valutati,
- il timore di non essere accettati.
Soprattutto nella fase iniziale di una relazione di coppia queste paure possono giocare un ruolo decisivo. Piace a tutti, per farsi accettare, nascondere qualche tratto della propria personalità o non metterlo in evidenza.
Non è questa la via che conduce a scegliersi. Occorre avere il coraggio della verità. È meglio correre dei rischi in fase iniziale, nella consapevolezza che chi compie la scelta, la compie a ragion veduta: sceglie, cioè, proprio quell’universo personale a cui donarsi e abbandonarsi completamente, senza riserve.
Una seconda modalità strumentale per pervenire alla conoscenza, mutuata dalla comunicazione e dal dialogo, è la capacità di ascolto. Tra l'altro saper ascoltare è l'abilità comunicativa che ci viene richiesta quando viviamo il ruolo di ricevente del messaggio e della persona.
Ascoltare in maniera empatica significa fare il vuoto dentro, perché l'altro possa aprirsi in tutta la sua unicità senza doversi adattare alle nostre attese o alle nostre va-lutazioni.
Ascoltare non è giudicare, interpretare, generalizzare, identificare, consigliare. Ascoltare è « porgere l'orecchio con animo tranquillo, con l'anima aperta, in attesa, senza passione, senza desiderio, senza giudicare, senza opinioni » (H. Hesse, in Siddhartà].
Ha scritto Bonheffer: « II primo servizio che si deve al prossimo è quello di ascoltare. Come l'amore di Dio incomincia con l'ascoltare la sua Parola, così l'inizio dell'amore sta nell'imparare ad ascoltare il fratello. Chi non sa ascoltare a lungo e con pazienza, parlerà senza toccare veramente l'altro; e infine non se ne accorgerà nemmeno più » (in La vita comune).
IL MATRIMONIO: VOCAZIONE ALL'UNITÀ
L'espressione biblica una sola carne non è da intendersi nel significato restrittivo ed esclusivo di unione carnale tra gli sposi. Essa ha un significato molto più ampio e include tutti gli elementi che costituiscono il rapporto tra marito e moglie: corpo e anima, sentimenti, amore, solidarietà, così da formare come un solo essere indivisibile. Nel disegno di Dio, perciò, il matrimonio è l'intima comunione d'amore e di vita tra marito e moglie che fa di essi una realtà nuova, stabile, indissolubile.
La legge che fonda il matrimonio è stata iscritta da Dio stesso nella natura più profonda dell'uomo e della
donna. Attraverso il patto coniugale essi reciprocamente si danno e si ricevono sino a formare un unico essere nuovo. « L'intima comunità di vita e d'amore coniugale, fondata dal Creatore con leggi proprie, è stabilita dal patto coniugale, vale a dire dall'irrevocabile consenso personale; deriva da ciò un vincolo sacro: un vincolo che non dipende dall'arbitrio dell'uomo perché Dio stesso è l'autore del matrimonio » (GS 48).
Giovanni Paolo II nella Familiaris Consortio scrive: « La prima comunione è quella che si instaura e si sviluppa tra i coniugi: in forza del patto d'amore coniugale, l'uomo e la donna non sono più due ma una carne sola (cf. Mt 19, 6) e sono chiamati a crescere continuamente nella loro comunione attraverso la fedeltà quotidiana alla promessa matrimoniale del reciproco dono totale. Questa comunione coniugale affonda le sue radici nella naturale complementarità che esiste tra l'uomo e la donna, e si alimenta mediante la volontà personale degli sposi di condividere l'intero progetto di vita, ciò che hanno e ciò che sono: perciò tale comunione è il frutto e il segno di una esigenza profondamente umana. Ma in Cristo Signore, Dio assume questa esigenza umana, la conferma, la purifica e la eleva; lo Spinto Santo, effuso nella celebrazione sacramentale, offre agli sposi cristiani il dono di una comunione nuova d'amore, che è immagine viva e reale di quella singolarissi-ma unità, che fa della Chiesa l'indivisibile Corpo mistico del Signore Gesù. Il dono dello Spirito è comandamento di vita per gli sposi cristiani, ed insieme stimolante impulso affinché ogni giorno progrediscano verso una sempre più ricca unione tra loro a tutti i livelli - dei corpi, dei caratteri, dei cuori, delle intelligenze e delle volontà, delle anime rivelando così alla Chiesa e al mondo la nuova comunione d'amore, donata dalla grazia di Cristo » (FC 19).
Se può aiutare una riflessione ancora, si può aggiungere: nella preghiera sacerdotale di Gesù, egli prega e chiede di essere una sola cosa con Dio.
Non dice di avere un solo Dio. Analogamente si può dire che l'unità non si riduce ad avere una sola moglie, un solo marito, ma ad essere una sola cosa con lui, con lei. La comunione con le persone non porta ad avere, ma ad essere-una cosa-sola con lui-con lei.
Emmanuel Mounier nel suo libro Il personalismo invita a uscire da sé per diventare capaci di disponibilità nei confronti degli altri. « Solo colui che ha prima liberato se stesso può » essere capace di unità comprendendo l'altro/a, « abbracciando la sua singolarità con la mia singolarità in un atto di accettazione e in uno sforzo di fusione. Essere tutto per il partner, senza cessare di essere ed essere me stesso» (p. 50).
Nell'amore trova unità la vita dei coniugi, le loro anime, i loro corpi. Il matrimonio, pertanto, è costante ricerca dell'unità e della pienezza unitiva. Continuamente cercata, perché mai definitivamente ritrovata, l'unione coniugale instaura nel matrimonio una circolarità interna perfettiva che, mentre alimenta l'amore, dall'amore è alimentata e perfezionata
La vocazione all'unità chiama i partner a mettere in comune tutto ciò che sono e tutto ciò che essi hanno. Il papa Giovanni Paolo II nell'omelia alla messa per le famiglie a Kinshasa ha detto che tale impegno è il contratto più audace che esista e nello stesso tempo il più meraviglioso. In termini concreti si può dire che la comunione della coppia affonda le sue radici nella stessa naturale differenza e complementarità sessuale che consente all'uomo e alla donna di essere una sola carne.
Inoltre tale comune-unione è corroborata dal libero e responsabile impegno dei partner di mettere in comunione la propria stessa vita.
Eppure non può passare sotto silenzio il fatto che « la radice ultima, da cui scaturisce e a cui continuamente si alimenta la comunione della coppia non sta soltanto nell'amore dell'uomo verso la donna e viceversa...; sta nel dono dello Spirito... » (cf CCCD).
L'apostolo Paolo nella stupenda pagina destinata a illustrare il grande sacramento del matrimonio sottolinea come la forza della comunione non sia un semplice frutto della carne e del sangue, ma sia una partecipazione viva dello stesso mistero salvifico di Dio che in Cristo ama e crea l'unità del genere umano (cf Ef 3,3-4).
Verrebbe spontaneo l'affermare che l'amore umano da solo non basta. La volontà dell'amarsi, dell'accogliersi, del donarsi, dello stare insieme non è soltanto frutto di volontà. Paolo VI - rivolgendosi a numerose coppie dell'Equipes Notre-Dame - ebbe a dire: « Se la fonte umana rischia di disseccarsi, la fonte divina è altrettanto inesauribile quanto le profondità del mistero insondabili dell'affetto di Dio. Di qui possiamo capire verso quale comunione intima, forte e ricca, tenda la carità coniugale... ».
La coscienza profonda di questo dono-aiuto di Dio per sostenere, incrementare, corroborare l'unità e la comune-unione della coppia e nella coppia non elimina ma anzi stimola e provoca la libertà responsabile dei partner, perché con animo volenteroso accettino la nobile fatica di cementare giorno dopo giorno la vita di coppia sulla base di una comunione armonica sempre più viva e forte.
Ma tale dono va chiesto nella preghiera, fregare per l'amore, pregare per l'unità, pregare per la comunione, è un imperativo assoluto.
L'ha fatto Gesù nell'ultima cena, elevando la sua preghiera al Padre perché tutti siano una cosa sola (cf Gv 17,21).
IL MATRIMONIO: VOCAZIONE ALLA FEDELTÀ E ALLA INDISSOLUBILITÀ
Secondo il progetto divino il matrimonio è altresì una comunione d'amore indissolubile. « lo N. accolgo te N. e prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita ».
Il sì che gli sposi hanno pronunciato quali ministri del sacramento non ha solo o soprattutto un valore cronologico. Esso costituisce il fondamento e la sorgente di una nuova condizione di vita che, in virtù del sacramento celebrato, i coniugi sono chiamati a condividere per vivere nel Signore.
Il significato del patto coniugale è così delineato dal Concilio Vaticano II: « L'intimità di vita e d'amore coniugale, fondata dal Creatore e strutturata con leggi proprie, è stabilita dal patto coniugale, vale a dire dall'irrevocabile consenso personale » (GS 48).
La Chiesa non è insensibile di fronte alle difficoltà che possono derivare dall'assunzione di vincoli definitivi. « A quanti ai nostri giorni ritengono difficile o addirittura impossibile legarsi a una persona per tutta la vita e a quanti sono travolti da una cultura che rifiuta l'indissolubilità matrimoniale e che deride apertamente l'impegno degli sposi alla fedeltà, è necessario ribadire il lieto annunzio della definitività di quell'amore coniugale che ha in Gesù Cristo il suo fondamento e la sua forza » (FC 20).
Non si può mai disattendere il fatto che il dono sacramentale del matrimonio è vocazione e comandamento, indirizzati l'una e l'altro a una responsabile libertà.
L'indissolubilità e la fedeltà matrimoniale può trovare fondamento nel concetto ontologico di indissolubilità?
Al di là e prima ancora del suo fondamento sacramentale e giuridico-canonico, la ragione della indissolubilità deriva dallo statuto stesso del matrimonio. Infatti il matrimonio è l'unione dell'uomo e della donna nella sua pienezza. Ora tale unione non sarebbe piena se non fosse costituzionalmente e naturalmente indissolubile. Non sarebbe piena se psicologicamente fossero avanzate ipotesi di fine o di scadenze o di ragionamenti del tipo: se non funziona, me ne vado.
Gli stessi rapporti personali dei coniugi non sarebbero pieni e disponibili. Si nutrirebbero remore, riserve, perplessità, attese. Sarebbe assai difficile donare se stessi, in piena libertà e verità, al partner.
Come pensare di giocare tutta la propria vita, di investire tutte le proprie energie - corpo e anima - in un contesto di provvisorietà?
Dunque la considerazione del matrimonio nella sua ideale possibilità di pienezza comporta l'unicità dell'unione. Unicità che significa totalità. È in questo elemento volitivo che risiede la pienezza dell'unione. È quel quotidiano farsi coniugi per il raggiungimento di questo fine.
E solo in questo contesto che prende corpo la volontà di coltivare l'altro in modo che non gli manchi nulla, anzi volontà di vivere una solidarietà radicale, a oltranza, in un'adesione piena, dinamica e quotidiana. Così la « fedeltà non è solo esclusione del tradimento e dell'adulterio, ma essere fedele a lui/lei come è nella sua personalità e storia » (PFMP 6).
Per dirla con Emmanuel Mounier è «prendere su di sé, assumere il destino, la sofferenza, la gioia del partner, fedeltà è generosità o gratuità, L'economia della persona è una economia di offerta, non di compensazione o di calcolo. La generosità dissolve l'opacità e annulla la solitudine del soggetto, anche quando non trova risposta, ^avventura della persona è un'avventura continua dalla nascita alla morte; fedeltà alla persona, amore, amicizia, sono perfetti soltanto nella continuità; quella continuità che non è un di più, una ripetizione uniforme come quella della materia o della generalità logica, ma un risorgere continuo. La fedeltà personale è una fedeltà creatrice » (in Il personalismo, p. 51).
Sul piano dell'analisi personalistica l'aspetto che appare più interessante è proprio quello dell'amore come tendenza a trascendersi, tendenza all'infinito. Ma un tale amore, per essere attuato in pienezza e libertà domanda, appunto una libertà ulteriore, libertà da passioni, da condizionamenti, dagli istinti.
L'amore umano implica anche la ragione ed è quindi, assunzione di responsabilità nei confronti del tu, un'accoglienza piena e definitiva dell'altro, di tutto quello che è l'altro: i suoi limiti, il suo passato, il suo futuro, anche se denso di incognite.
Nell'amore l'/o si rivolge al tu guardando a questo tu nella sua identità, singolarità, irripetibilità. L'uomo, per le sue facoltà spirituali, è essenzialmente apertura, comunicazione, dono di sé e si realizza pienamente come uomo solo amando e nella misura in cui egli ama. Ciò vale soprattutto per chi si sente amato. Infatti, avendo la persona sempre coscienza di sé come valore, riesce a prendere coscienza sperimentale del proprio valore, sente di contare per qualcuno soprattutto quando si sente amata di amore personale.
L'indissolubilità fonda la sua essenza proprio su questo amore personale piuttosto che su una esigenza istituzionale.
Un amore maturo invoca l'assunzione di un impegno indissolubile. Solo così l'amore dichiarato avrà e darà garanzia non di un: ti amo perché..., ma di un convinto ti amo, ti voglio bene, e voglio il tuo bene!
È soltanto quando si ha e si da sicurezza di non scadenze che una persona sarà a fianco del partner sempre e comunque.
Allora una persona crederà, avrà fiducia e saprà porre gesti e segni aperti sull'eternità.
E. Mounier scrive ancora, a tal proposito: « Una persona non raggiunge la sua piena maturità se non nel momento in cui sceglie qualcosa cui restare fedele ».
Si tratta di superare la logica del dono di qualche cosa, ma scegliere e decidere in modo incondizionato la via del dono di se stessi alla persona amata. Per questo motivo l'amore è di per sé irreversibile.
La fedeltà e l'indissolubilità sono, pertanto, una esigenza profonda dell'amore umano.
IL MATRIMONIO: VOCAZIONE ALLA FECONDITÀ
« Con la creazione dell'uomo e della donna a sua immagine e somiglianza, Dio corona e porta a perfezione l'opera delle sue mani; egli li chiama a una particolare partecipazione del suo amore e del suo potere di Creatore e Padre, mediante la loro libera e responsabile cooperazione a trasmettere il dono della vita » (FC 28).
La vocazione al matrimonio è quindi vocazione all'amore. Questo amore tra gli sposi ha caratteristiche sue proprie, che lo difendono dal pericolo di trasformarsi in attrattiva erotica egoisticamente coltivata destinata a svanire presto e miseramente » (GS 49).
Secondo l'enciclica di Paolo VI Humanae Vitae, sono queste le note caratteristiche dell'amore coniugale:
- amore pienamente umano, cioè al tempo stesso sensibile e spirituale; non quindi solo trasporto dell'emozione, ma atto della volontà destinato a far crescere gli sposi nella gioia della comunione;
- amore totale, nel senso che conduce gli sposi a condividere generosamente ogni cosa, senza indebite riserve e calcoli egoistici;
- amore fedele ed esclusivo, dal momento del reciproco, libero consenso dinanzi a Cristo e alla comunità, fino al giorno della morte;
- amore fecondo che non si esaurisce nella unione sessuale tra i coniugi, ma rimane aperto alla vita.
Tre, allora, sono le articolazioni del concetto di fecondità:
- fecondità dell'amore coniugale,
- fecondità dell'amore procreativo,
- fecondità dell'amore a servizio della vita.
1. Fecondità dell'amore coniugale
La fecondità, prima ancora che all'estremo, e più propriamente nella dimensione procreativa, si manifesta all'interno della coppia. L'essere sposati in Cristo ha una sua prima fecondità nell'essere vita l'uno dell'altro. Il patto coniugale è legame destinato a far vivere. Essere è amare. « L’uomo non può vivere senza amore. Egli rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso, se non gli viene rivelato l'amore, se non si incontra con l'amore, se non lo esperimenta e non lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente» (KB. IQ).
Questo - se vale per ogni uomo - vale in modo del tutto singolare per due persone che hanno scelto di vivere la loro vita insieme. L'amore è il principio interio-re che costituisce la coppia quale comunità che intende vivere in comunione; è la forza intcriore, vigorosa e soave che la sostiene nella prova e la rende felice nella gioia. L'amore è l'anima della coppia.
Ma non tutti conoscono la difficile arte d'amare!
Ecco l'impegno: i coniugi debbono mantenere fecondo il loro amore verificandolo oltre ogni prospettiva parziale « nella luce di una visione integrale dell'uomo e della sua vocazione, non solo naturale e terrena, ma anche soprannaturale ed eterna » (HV 7).
« L’uomo è chiamato all'amore in questa totalità unificata» (FC 11).
Nutrire l'amore, renderlo fecondo significa sostenerlo e corroborarlo con i gesti della quotidianità:
- la paziente scuola della conoscenza scambievole,
- l'accettarsi reciproco, rispettoso e incondizionato,
- l'aiuto vicendevole, l'ascolto attento, il dialogo e la comunicazione,
-la premura e la solidarietà, che si manifestano quanto prima e al di sopra delle proprie urgenze, sensibilità, interesse attivo, attenzione costante,
- la fiducia sincera, la confidenza leale,
- il dono di sé in una reciprocità di offerta fino alla non esclusione del sacrificio.
Solo così, una dichiarazione d'amore, intesa come evento elettivo, interpreta il vero significato del voler bene, dell'amare: « Voglio il tuo bene ». È questo l'amore fecondo !
2. Fecondità dell'amore procreativo
La seconda fecondità è quella che effonde amore e vita al di fuori, perché viva qualcun'altro.
« Per mezzo della reciproca donazione personale, loro propria ed esclusiva, gli sposi tendono alla comunione dei loro esseri in vista di un mutuo perfezionamento personale, per collaborare con Dio alla generazione e all'educazione di nuove vite » (HV 8).
I coniugi sono cooperatori dell'amore di Dio, Creatore della vita. Perciò « /'/ compito fondamentale della famiglia è il servizio alla vita, il realizzare lungo la storia la benedizione originaria del Creatore, trasmettendo nella generazione l'immagine divina da uomo a uomo » (FC28).
E la Gaudium et spes afferma: « II vero culto dell'amore coniugale e tutta la struttura familiare che ne nasce, senza trascurare gli altri fini del matrimonio, a questo tendono: che i coniugi - con fortezza d'animo - siano disposti a cooperare con l'amore del Creatore e del Salvatore, che attraverso di loro continuamente dilata e arricchisce la sua famiglia » (GS 50).
La coppia che si ama, la coppia che ama, ama la vita, è aperta al suo perpetuarsi e al suo crescere: non teme il futuro perché l'amore la radica nella certezza. La grande tentazione odierna del ripiegamento ossessivamente individualistico su se stessi, sui propri problemi, sulla cosiddetta qualità della vita, illuministicamente intesa, non soltanto uccide la vita, ma uccide la capacità d'amare.
L'amore fecondo e procreativo della coppia cristiana assume non soltanto il significato di una sfida alla morte e al futuro, ma anche quello di profezia di un mondo nuovo e diverso, fondato sulla preminenza dell'essere, più che dell'avere, del dare più che del ricevere e/o possedere.
II matrimonio dei cristiani, il matrimonio sacramento è pietra non marginale di questa storia poiché è testimonianza e vivente immagine del Dio che si fa carne, del Dio che si dona per amore, del Dio che ama la vita.
3. Fecondità dell'amore a servizio della vita.
Essendo i coniugi cooperatori dell'amore di Dio, Creatore della vita « il compito fondamentale della famiglia è il servizio alla vita » (FC 28). Per questo il servizio alla vita già nata, come a quella palpitante nel grembo materno, quella giovane e sana, come quella senescente, inferma, minorata, è un servizio in sé sacro. Se poi questa vita è inserita in Cristo, con il sacramento del battesimo, diventa tempio dello Spirito Santo. Quindi la mulilazione della vita umana per egoismo, la sua uccisione violenta e cosciente sono severamente proibite dall'autore della vita. Egli è la « sorgente della vita » (Sai 36,10).
Quando e come una coppia cristiana si pone a servizio della vita?
- Quando promuove con ogni mezzo e difende contro ogni insidia la vita umana, in qualsiasi condizione e stadio di sviluppo si trovi;
- quando, pur nel contesto di una cultura che gravemente deforma o addirittura smarrisce il vero significato della sessualità umana, vive e presenta la sessualità come valore e compito di tutta la persona creata a immagine di Dio;
- quando, generando nell'amore e per amore una nuova persona, i genitori si assumono il compito di aiutarla efficacemente a vivere una vita pienamente umana e cristiana;
- quando i genitori sono consapevoli del loro diritto-dovere educativo qualificato come essenziale, originale, insostituibile e inalienabile;
- quando la coppia, che nella fede riconosce tutti gli uomini come figli del comune Padre dei cicli, allargherà il proprio amore al di là dei vincoli della carne e del sangue, sviluppando un concreto servizio verso i bisognosi e i deboli;
- quando, in forza del proprio ministero cristiano, che deriva dai sacramenti del battesimo, della cresima e del matrimonio ed è sostenuto e corroborato dall'Eucaristia, i genitori sono i primi araldi del Vangelo presso i figli, mediante la testimonianza della vita, generandoli così alla vita dello Spirito.
« In tal modo si dilata enormemente l'orizzonte della paternità e della maternità delle famiglie cristiane: il loro amore spirituale fecondo è sfidato da queste e da tante altre urgenze del nostro tempo » (FC 41).
IL MATRIMONIO: VOCAZIONE A ESSERE CHIESA DOMESTICA
« Nel disegno di Dio creatore e redentore, la famiglia scopre non solo la sua identità - ciò che essa è - ma anche la sua missione - ciò che essa può e deve fare -. E poiché secondo il disegno divino, è costituita quale intima comunità di vita e d'amore, la famiglia ha la missione di diventare sempre più quello che è, ossia comunità di vita e d'amore, in una tensione che - come ogni realtà creata e redenta — troverà il suo compimento nel Regno di Dio »(FC 17).
La famiglia cristiana rivive in sé e manifesta il mistero della Chiesa proprio attraverso il matrimonio-sacramento celebrato nella comunità ecclesiale; vive la sua identità e svolge efficacemente la sua missione con il nutrimento spirituale dell'Eucaristia e la grazia della riconciliazione.
Per questo il Concilio ha qualificato la famiglia cristiana come una chiesa domestica (LG 11). I membri del corpo mistico di Cristo, in forza del battesimo e degli altri sacramenti, diventano segni viventi dell'amore di Cristo. I coniugi e la famiglia cristiana, in forza del sacramento del matrimonio diventano segno di questo stesso amore con una loro specificità: « Gli sposi cristiani partecipano all'amore cristiano in modo originale e proprio, non come singole persone, ma assieme, in quanto formano una coppia » (ESM 34).
Dove c'è Cristo, lì c'è la Chiesa. Poiché il sacramento unisce indissolubilmente l'uomo e la donna nel nome di Cristo, egli è presente tutti i giorni in mezzo a loro. Dove c'è lui con gli uomini, lì c'è la Chiesa. Allora la famiglia - proprio per questa presenza misteriosa, ma reale del Signore Gesù in mezzo agli sposi - costituisce il volto domestico di Chiesa.
In questo senso la famiglia cristiana ha una sua profezia. Annunzia vivendo l'amore di Dio, manifestandosi nello sposalizio fecondo di Cristo con la sua Chiesa. Di esso è segno e rappresentazione. È memoria vivente che si fa liturgia nella pazienza quotidiana, nella sopportazione reciproca.
In questo contesto il papa Giovanni Paolo II scrive: « Posto così il fondamento della partecipazione della famiglia cristiana alla missione ecclesiale », il suo contenuto è corroborato dal « triplice e unitario riferimento a Gesù Cristo profeta, sacerdote e re », per cui si può parlare della famiglia cristiana come:
- comunità credente ed evangelizzante,
- comunità in dialogo con Dio,
- comunità al servizio dell'uomo (FC 50).
E in questo contesto che ha senso sposarsi in chiesa. « II senso del matrimonio in chiesa è che la coppia riconosce nel proprio amore il segno e la presenza di un dono più grande, l'amore di Dio che salva. Il sacramento del matrimonio rivela e offre in dono la novità portata da Cristo.
- L'amore coniugale non è estraneo all'amore di Dio, dice la presenza amante del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Due battezzati non possono suggellarlo senza celebrarne il sacramento con gratitudine al Signore che ama per primo e invita a condividere il suo dono d'amore per comunicarlo agli altri.
- Il patto d'amore coniugale trova nel sacramento come un'apertura a nuove dimensioni: gli sposi diventano l'uno per l'altro dono e comunicazione di Dio.
- Gli sposi diventano, come coppia coniugale, una cellula della Chiesa, una Chiesa domestica, profezia vivente della civiltà dell'amore e segno del regno che viene ogni giorno » (PFMF 7).
I giovani che si interrogano in ordine alla loro chiamata eventuale al matrimonio e al matrimonio sacramento debbono avvertire acuto e profondo il senso della sacramentalità del patto e dell'alleanza che li attende e non possono porre in secondo piano la realtà che si configurerà proprio per il loro farsi coniugi nel Signore. Questo ideale trasformerà il nucleo familiare in Chiesa domestica, in Chiesa presente nella casa, dove i coniugi sono sacerdoti, testimoni di grazia l'uno all'altro e, insieme, verso i figli.
Il rapporto tra Cristo e la Chiesa dona luce e conforto al rapporto tra l'uomo e la donna coniugati, santificandolo e rendendo la famiglia un segno eucaristico:
- perché nella famiglia c'è vicendevole santificazione,
- perché la famiglia è il luogo del dono gratuito e segno di carità,
-perché la famiglia è segno di unità fra uomo e donna; unità di destino in quelli che condividono la vita, appunto in coloro che sono chiamati consorti; unità nelle diverse vicende che costituiscono il ritmo quotidiano.
La famiglia, quale Chiesa domestica, è invitata a vivere
la propria esperienza umana come Eucaristia, come sacrificio offerto a Dio e a lui gradito, come culto spirituale.
L'apostolo Paolo raccomanda di non conformarsi alla mentalità del mondo, perché questo suggerisce di vivere esattamente il contrario dell'oblazione.
Invece, colui che si fa coniuge nel Signore, tutto quello che compie in famiglia deve compierlo nel nome del Signore in continua offerta di lode e di amore.
La prima comunità cristiana di Gerusalemme dopo la pentecoste dovrebbe ispirare lo stile di vita di ogni comunità familiare cristiana.
1. Ascoltavano gli insegnamenti degli apostoli. Occorre dare spazio all'ascolto della Parola, alla evangelizzazione, alla catechesi, all'apprendimento dei valori connessi con la fede. Fonte di tutte le virtù è la Parola di Dio. Tradotta nella vita porta a vivere, in parole ed opere, nel nome del Signore Gesù.
2. Vivevano assieme fraternamente. È, questo, un atteggiamento derivato da una scelta di vita a livello dello spirito, che consente una condivisione a tutta prova, che aiuta a dimenticare sé negli altri, a lavare i piedi al fratello; a spendere goccia a goccia la propria vita; a superare le ore più dure; a diventare un unico corpo.
3. Spezzavano il pane. Significa partecipazione alla cena del Signore, che è dovere della comunità cristiana in quanto tale e alla quale deve partecipare la famiglia intera.
La famiglia è chiamata a rinsaldare nell'Eucaristia i vincoli che la uniscono e che vanno continuamente alimentati.
L'Eucaristia viene offerta agli sposi cristiani come alimento e garanzia, perché rinnova il dono dell'offerta di Cristo e impegna all'offerta generosa di se stessi.
L'Eucaristia diventa simbolo, fonte e confronto dell'amore autentico. L'Eucaristia - sacrificio di Cristo -oltre che sostegno dell'amore coniugale, diviene altresì modello del dono vicendevole, gratuito, generoso.
L'amore degli sposi dovrebbe essere come l'amore di Dio, che ha donato il suo figlio Gesù, corpo dato e sangue versato, e tendere così alla perfezione.
4. Lodavano Dio. L'invito alla preghiera sollecita la preghiera della famiglia. La preghiera da alla famiglia la sicurezza, consente di fare posto a Dio, di lodarlo e di ringraziarlo per i doni ricevuti; di chiedere il pane, la pace, la liberazione dalla tentazione e dal male e tutto quanto è necessario per la famiglia sul piano materiale e su quello spirituale e morale. Il pregare insieme favorisce l'intesa, alimenta l'amore, lo difende dalla corrosione; assicura la benedizione della fede e della speranza, la fortezza e la serenità nelle difficoltà.
5. Mettevano in comune i loro beni. La comunione non tocca solo i beni economici e non si riduce solo all'interno della famiglia; si allarga anche al bene spirituale e morale del nucleo familiare.
E diventa missione:
- anzitutto nei confronti del coniuge, dei figli, tra tutti i membri della famiglia;
- nella ospitalità e nella solidarietà con chi ha bisogno;
- nella apertura ad altre famiglie, alla parrocchia che ^.famiglia di famiglie e che per essere tale ha bisogno che noi sentiamo come la nostra famiglia; apertura alla diocesi;
- nell'impegno comune perché la società e la cultura siano più favorevoli alla famiglia, alla sua unità, alla sua fedeltà nell'amore; più attenta in fatto di casa, di lavoro, di assistenza.
Così la famiglia può costituirsi come Chiesa domestica, segno evidente ed efficace dell'amore di Dio sulle strade degli uomini.
CONCLUSIONE
Queste riflessioni ci hanno condotto a riscoprire il legame profondo di reciprocità che esiste tra Chiesa e famiglia come espressioni diverse di un unico disegno di comunione che Dio ha sugli uomini e sulla storia.
Nel disegno di comunione che Dio ha sul mondo la famiglia e la Chiesa si trovano coinvolte in una in-scindibile unità: la comunità cristiana aiuta la famiglia a riscoprire la propria vocazione e a sviluppare le sue potenzialità, ad aprire i suoi orizzonti, a convergere nella comunità, in altri termini ad essere più Chiesa. La famiglia da alla comunità un volto più umano e accogliente, la rende più famiglia.
Si tratta di trasmettere ai giovani che si preparano al fidanzamento e ai fidanzati che si preparano al matrimonio gli aspetti della vocazione a questo grande sacramento.
« Nella sua azione pastorale la Chiesa deve non solo assicurarsi della validità dei gesti sacramentali, ma anche impegnarsi in una continua evangelizzazione e catechesi»(ESM56).
Dal Catechismo della Chiesa Cattolica
I BENI E LE ESIGENZE DELL'AMORE CONIUGALE
1643 « L'amore coniugale comporta una totalità in cui entrano tutte le componenti della persona - richiamo del corpo e dell'istinto, forza del sentimento e dell'affettività, aspirazione dello spirito e della volontà -; esso mira a una unità profondamente personale, quella che, al di là dell'unione in una sola carne, conduce a non fare che un cuore solo e un'anima sola; esso esige l'indissolubilità e la fedeltà della donazione reciproca definitiva e si apre sulla fecondità. In una parola, si tratta di caratteristiche normali di ogni amore coniugale, ma con un significato nuovo che non solo le purifica e le consolida, ma anche le eleva al punto da farne l'espressione di valori propriamente cristiani » (Familiaris consortio, 13).
L'UNITÀ E L'INDISSOLUBILITÀ DEL MATRIMONIO
1644 L'amore degli sposi esige, per sua stessa natura, l'unità e l'indissolubilità della loro comunità di persone che ingloba tutta la loro vita: « Così che non sono più due, ma una carne sola » (Mt 19,6; cf Gen 2,24). Essi « sono chiamati a crescere continuamente nella loro comunione attraverso la fedeltà quotidiana alla promessa matrimoniale del reciproco dono totale » (Familiaris consortio, 19). Questa comunione umana è confermata, purificata e condotta a perfezione mediante la comunione in Cristo Gesù, donata dal sacramento del matrimonio. Essa si approfondisce mediante la vita della comune fede e l'Eucaristia ricevuta insieme.
LA FEDELTÀ DELL'AMORE CONIUGALE
1646 L'amore coniugale esige dagli sposi, per sua stessa natura, una fedeltà inviolabile. È questa la conseguenza del dono di se stessi che gli sposi si fanno l'uno all'altro. L'amore vuole essere definitivo. Non può essere « fino a nuovo ordine ». « Questa intima unione, in quanto mutua donazione di due persone, come pure il bene dei figli, esigono la piena fedeltà dei coniugi e ne reclamano l'indissolubile unità » (Gaudium et spes, 48).
1647 La motivazione più profonda si trova nella fedeltà di Dio alla sua alleanza, di Cristo alla sua Chiesa. Dal sacramento del matrimonio gli sposi sono abilitati a rappresentare tale fedeltà e a darne testimonianza. Dal sacramento, l'indissolubilità del matrimonio riceve un senso nuovo e più profondo.
1648 Può sembrare difficile, persine impossibile, legarsi per tutta la vita a un essere umano. È perciò quanto mai necessario annunciare la buona novella che Dio ci ama di un amore definitivo e irrevocabile, che gli sposi sono partecipi di questo amore, che egli li conduce e li sostiene, e che attraverso la loro fedeltà possono essere i testimoni dell'amore fedele di Dio. I coniugi che, con la grazia di Dio, danno questa testimonianza, spesso in condizioni molto difficili, meritano la gratitudine e il sostegno della comunità ecclesiale (Familiari! consortio, 20).
2331 « Dio è amore e vive in se stesso un mistero di comunione e di amore. Creandola a sua immagine... Dio iscrive nell'umanità dell'uomo e della donna la vocazione e, quindi, la capacità e la responsabilità dell'amore e della comunione » (Familiaris consortio, 11).
« Dio creò l'uomo a sua immagine... maschio e femmina li creò » (Gen 1,27); « siate fecondi e moltiplicatevi » (Gen 1,28); « quando Dio creò l'uomo, lo fece a somiglianzà di Dio; maschio e femmina li creò, li benedisse e li chiamò uomini quando furono creati » (Gen 5,1-2).
2332 La sessualità esercita un'influenza su tutti gli aspetti della persona umana, nell'unità del suo corpo e della sua anima. Essa concerne particolarmente l'affettività, la capacità di amare e di procreare e, in un modo più generale, l'attitudine ad intrecciare rapporti di comunione con altri.
2333 Spetta a ciascuno, uomo o donna, riconoscere ed accettare la propria identità sessuale. La differenza e la complementarità fisiche, morali e spirituali sono orientate ai beni del matrimonio e allo sviluppo della vita familiare. L'armonia della coppia e della società dipende in parte dal modo in cui si vivono tra i sessi la complementarità, il bisogno vicendevole e il reciproco aiuto.
2334 « Creando l'uomo "maschio e femmina", Dio dona la dignità personale in eguai modo all'uomo e alla donna » (Familiaris consortio, 22; cf Gaudium et spes, 49). « L'uomo è una persona, in eguale misura l'uomo e la donna: ambedue infatti sono stati creati ad immagine e somiglianza del Dio personale » (Multerà dignitatem, 6).
2335 Ciascuno dei due sessi, con eguale dignità, anche se in modo differente, è immagine della potenza e della tenerezza di Dio. L'unione dell'uomo e della donna nel matrimonio è una maniera di imitare, nella carne, la generosità e la fecondità del Creatore: « L'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno una sola carne » (Gen 2,24). Da tale unione derivano tutte le generazioni umane (cf Gen 4,1-2; 4,25-26; 5,1).
L'APERTURA ALLA FECONDITÀ
1652 « Per sua indole naturale, l'istituto stesso del matrimonio e l'amore coniugale sono ordinati alla procreazione e alla educazione della prole e in queste trovano il loro coronamento » (Gaudium et spes, 48).
I figli sono il preziosissimo dono del matrimonio e contribuiscono moltissimo al bene degli stessi genitori. Lo stesso Dio che disse: « Non è bene che l'uomo sia solo » (Gen 2,18) e che « creò all'inizio l'uomo maschio e femmina » (Mt 19,4), volendo comunicare all'uomo una certa speciale partecipazione nella sua opera creatrice, benedisse l'uomo e la donna, dicendo loro: « Crescete e moltiplicatevi » (1,28). Di conseguenza la vera pratica dell'amore coniugale e tutta la struttura della vita familiare che ne nasce, senza posporre gli altri fini del matrimonio, a questo tendono che i coniugi, con fortezza d'animo, siano disposti a cooperare con l'amore del Creatore e del Salvatore, che attraverso di loro continuamente dilata e arricchisce la sua famiglia (Gaudium et spes, 48).
1653 La fecondità dell'amore coniugale si estende ai frutti della vita morale, spirituale e soprannaturale che i genitori trasmettono ai loro figli attraverso l'educazione. I genitori sono i primi e principali educatori dei loro figli (Gravissi-mum educationis, 3). In questo senso il compito fondamentale del matrimonio e della famiglia è di essere al servizio della vita (Familiaris consortio, 28).
1654 I coniugi ai quali Dio non ha concesso di avere figli, possono nondimeno avere una vita coniugale piena di senso, umanamente e cristianamente. Il loro matrimonio può risplendere di una fecondità di carità, di accoglienza e di sacrificio.
LA CHIESA DOMESTICA
1655 Cristo ha voluto nascere e crescere in seno alla Santa Famiglia di Giuseppe e di Maria. La Chiesa non è altro che la « famiglia di Dio ». Fin dalle sue origini, il nucleo della Chiesa era spesso costituito da coloro che, insieme con tutta la loro famiglia, erano divenuti credenti (cf At 18,8). Allorché si convertivano, desideravano che anche tutta la loro famiglia fosse salvata (cf At 16,31 e 11, 14). Queste famiglie divenute credenti erano piccole isole di vita cristiana in un mondo incredulo.
1656 Ai nostri giorni, in un mondo spesso estraneo e persino ostile alla fede, le famiglie credenti sono di fondamentale importanza, come focolari di fede viva e irradiante. È per questo motivo che il Concilio Vaticano II, usando un'antica espressione, chiama la famiglia « Ecclesia domestica » -Chiesa domestica (Lumen gentium, 11; Familiaris consortio, 21). È in seno alla famiglia che « i genitori devono essere per i loro figli, con la parola e con l'esempio, i primi annunciatori della fede, e secondare la vocazione propria di ognuno, e quella sacra in modo speciale » (Lumen gentium, 11).
1657 È qui che si esercita in maniera privilegiata il sacerdozio battesimale del padre di famiglia, della madre, dei figli, di tutti i membri della famiglia, « con la partecipazione ai sacramenti, con la preghiera e il ringraziamento, con la testimonianza di una vita santa, con l'abnegazione e l'operosa carità » (Lumen gentium, 11). Il focolare è così la prima scuola di vita cristiana e « una scuola di umanità più ricca » (Gaudium et spes, 52). È qui che si apprende la fatica e la gioia del lavoro, l'amore fraterno, il perdono generoso, sempre rinnovato, e soprattutto il culto divino attraverso la preghiera e l'offerta della propria vita.